Data:
Giugno 23, 2021

La Basilicata degli anni ’50 e ’60 è stata oggetto di svariate campagne di ricerca e studi di natura sociologica, antropologica, etnografica, che ci hanno lasciato una mole di dati circa gli usi e le consuetudini di vita quotidiana, l’organizzazione sociale, le tradizioni dei Paesi di provenienza dei coloni; non abbiamo invece studi approfonditi su quanto tutto ciò sia stato conservato, abbandonato o abbia subìto mutamenti nel tempo, all’arrivo dei “quotisti”, ossia i destinatari dei poderi assegnati dall’Ente di Riforma, e delle loro famiglie, nella “neonata” Policoro. La letteratura, e le relazioni stesse dei tecnici e dei funzionari della Riforma nelle primissime fasi, narrano al contrario di una iniziale resistenza delle famiglie a trasferirsi in un contesto privo di servizi essenziali, e testimoniano un persistente attaccamento e temuto sradicamento da parte dei coloni ai Paesi d’origine, con cui vengono mantenuti stretti contatti, e che restano gli orizzonti di riferimento, anche “identitario”, per moltissimo tempo.

Non abbiamo dati, ad esempio, sulla persistenza o meno di una organizzazione fondamentale delle relazioni sociali e delle consuetudini di vita quotidiana, attestata per la realtà lucana, come il vicinato, che pure, nelle testimonianze orali, viene indicata per i quartieri e rioni storici di Policoro come ancora importante fino ad alcuni anni fa. Dalle interviste emerge una vita quotidiana comunque strutturata intorno alla coltivazione della terra e alle sue necessità, che non risparmia nemmeno i bambini più piccoli, le cui necessità di scolarizzazione ed istruzione, nonostante l’intervento della Riforma che provvide a dotare i nuovi centri di istituti scolastici, vengono spesso in secondo piano rispetto alle esigenze socio-economiche delle famiglie.

Occasione di interruzione delle routine e delle consuetudini quotidiane erano le feste popolari, delle quali soprattutto due, la festa dedicata alla patrona di Policoro Maria SS del Ponte, in Maggio, e la festa dedicata ai SS Medici, in Settembre, vedono gran concorrenza di popolo e risultano frequentate da contadini, salariati, stagionali, sin dall’epoca del feudo Berlingieri, come testimonia abbondante materiale storico, fotografico e documentale. Nelle testimonianze orali le due feste vengono collegate alla insalubrità che caratterizzava il clima Policorese prima degli interventi di bonifica, prosciugamento e prevenzione dell’impaludamento operati dai tecnici della Riforma, e che determinava l’abbandono del territorio nei pericolosi mesi estivi: la festa dedicata alla Madonna del Ponte segnalava l’imminente arrivo della canicola, e dunque la necessità di abbandonare, per chiunque potesse, il territorio; la festa dedicata ai SS Cosma e Damiano, patroni della medicina e delle guarigioni, in settembre, segnalava ai “foresi” il rinnovato arrivo dei venti “buoni” e la possibilità di tornare nel territorio Policorese senza più rischi.